Cura della carie e staminali: rigenerare i denti è possibile
Una ricerca sperimentale condotta su topi con un farmaco per la cura dell’Alzheimer
La dottoressa Elena Palmeri ci aiuta a fare chiarezza sulla “notizia del momento”
Ne hanno parlato giornali, riviste e tutti i blog hanno fatto rimbalzare la notizia: “Curare la carie senza il trapano con le cellule staminali.” Cosa c’è di vero? Niente e tutto. Ma partiamo dall’inizio.
I denti vitali mantengono la capacità di produrre dentina se la polpa all’interno del dente viene esposta per un trauma o un’infezione (carie), ma riescono a produrne soltanto uno strato sottile che servirà ad isolare la polpa da infezioni e dall’ambiente esterno. Questo processo di riparazione avviane grazie all’attivazione di cellule staminali quiescenti nella polpa dentale che, differenziandosi in odontoblasti, producono dentina terziaria. Sfortunatamente la produzione naturale di dentina terziaria è insufficiente a riempire cavità residue di grandi dimensioni, pertanto in odontoiatria vengono comunemente usati cementi a base di calcio, o aggregati minerali per ripristinare la dentina persa. L’articolo originale dal quale parte la notizia è stato pubblicato a Gennaio del 2017 su Nature da un’equipe di ricercatori del “Department of craniofacial development and steam cell biology” del Kings College di Londra. Neves, Babb, Sharpe e Chandrasekaran sono stati i primi a proporre un approccio innovativo per il ripristino della dentina sfruttando le cellule staminali naturalmente presenti nella polpa dentale. E qui entrano in gioco il GSK 3, un enzima che blocca la produzione di dentina, e il tideglusib, un farmaco che doveva curare l’Alzheimer, ma che sulle cellule cerebrali non funziona. In compenso riesce a fungere da antagonista del GSK 3, stimolando la differenziazione delle cellule staminali della polpa dentaria in osteoblasti capaci di produrre dentina. Nel loro esperimento i ricercatori del Kings college hanno inserito delle spugne di collagene impregnate di tideglusib all’interno di cavità create nei denti vitali di topi, e le hanno lasciate agire per 4 settimane. La mineralizzazione è stata 1,7 volte maggiore rispetto al gruppo otturato con MTA (il cemento che comunemente si usa in odontoiatria per otturare carie molto profonde). Dopo 6 settimane di trattamento la dentina di riparazione aveva riempito l’intera cavità. E cosa molto importante, la polpa rimaneva vitale! Il professor Sharpe ha precisato al Telegraph che la semplicità dell’approccio usato rende questo metodo ideale per la pratica clinica odontoiatrica quotidiana. Per concludere: il titolo con il quale la notizia è stata lanciata dal Telegraph è : “Fine delle otturazioni, scienziati scoprono che un farmaco per l’Alzheimer fa ricrescere i denti”. Altro che “fine del trapano”, quello continueremo ad usarlo, ma avremo in compenso, una tecnica innovativa per trattamenti sempre più conservativi.